Il persistere della surreale situazione in cui ci troviamo in questo 2020 a causa del Covid-19, unitamente alle più disparate storie di multe che ho letto on line o sentito da miei conoscenti ed amici, mi ha spinto ad analizzare – evitando tecnicismi e badando alla facilità di comprensione – la limitazione della libertà personale con la quale ci troviamo a convivere.
Prima di tutto ricordo a me stesso che nel nostro Paese esiste una gerarchia delle Fonti del diritto, ovvero di tutti quegli atti che sono utili a regolamentare le più disparate situazioni della vita quotidiana. Al primo posto vi è la Costituzione e le Leggi Costituzionali e poi, a cascata, i regolamenti comunitari, la legge e gli atti aventi forza di legge (e le direttive UE), regolamenti, usi e consuetudini.
L’ormai noto DPCM, quindi, è un atto che dovrebbe sottostare a tutta una serie di norme – tra le quali, ovviamente, la Costituzione e la Legge in generale – e che, di regola, non potrebbe certamente limitare le libertà che, appunto, sono costituzionalmente garantite. Ma sulla legittimità di tale strumento rimando a chi, certamente in modo più profondo di me, ha già evidenziato i limiti e le criticità che lo caratterizzano (Altalex).
Quel che va però ricordato prima di entrare nel vivo dell’analisi che mi sono proposto di affrontare è la ragione sottesa all’utilizzo del DPCM: promuovere la tutela della salute pubblica tramite il distanziamento sociale. Questo aspetto, ritenuto maggiormente importante in uno “stato di pandemia”, lo porrò a fondamento di tutto il ragionamento che, nelle prossime righe, condividerò con chi vorrà leggermi.
Come noto, la Calabria (insieme ad altre regioni), è zona rossa per le ragioni che, ahimé, tutti conosciamo. Qui trovate il testo del DPCM 3.11.20, il cui art. 3 definisce la Zona Rossa.
L’ultima parte del comma 4, lettera a) – dopo aver vietato ogni spostamento in entrata ed in uscita nei territori definiti “rossi” che non sia giustificato dalle ormai note necessità, lavoro e salute – specifica che il transito è consentito nei casi in cui gli spostamenti sono consentiti ai sensi del presente decreto.
Ed allora è lecito chiedersi, cosa è consentito ai sensi del presente decreto? Certamente svolgere attività motoria nei pressi della propria abitazione (passeggiate), svolgere attività sportiva all’aperto ed in forma individuale (corsa, ciclismo su strada o MTB), ma anche usufruire di tutti quei servizi che, evidentemente, non sono stati sospesi (alimentari, farmacie e parafarmacie, tabaccherie ed edicole anche lavanderie, ferramenta, ottici, fiorai, librerie, cartolerie, informatica, abbigliamento per bambini, giocattolai, profumerie, pompe funebri, distributori automatici).
La norma di chiusura, il comma 5, recita che le misure previste dagli altri articoli del presente decreto si applicano anche ai territori di cui al presente articolo ove per tali territori non siano previste analoghe misure più rigorose.
Ed allora veniamo al nocciolo della questione: nella zona rossa posso spostarmi in un altro territorio comunale rispetto a quello di residenza?
La risposta è, a mio avviso, SI; purché io debba usufruire di uno dei servizi consentiti e questo non sia disponibile nel mio Comune di residenza.
Evitare lo spostamento tra territori intercomunali è giustificato dall’anzidetto e qui richiamato principio secondo il quale il DPCM ha questo scopo ben definito: promuovere la tutela della salute pubblica tramite il distanziamento sociale.
Ed allora posso praticare sport (corsa, ciclismo etc) varcando i confini del territorio comunale?
La risposta è SI: devo però sempre effettuarlo in maniera INDIVIDUALE evitando ogni contatto con altre persone (distanza raccomandata, almeno 2 metri). La norma che consente, infatti, di eseguire attività sportiva NON aggiunge la limitazione del territorio comunale.
E non potrebbe essere altrimenti se la leggiamo con l’auspicato buon senso (che, talvolta, manca ai nostri controllori e, appositamente, manca al Governo quando redige queste norme): come potrò infettarmi o infettare qualcuno se sto eseguendo sport all’aperto DA SOLO e comunque alla distanza di almeno due metri da altre persone?
Per concludere, farò alcuni esempi che invece (come detto, secondo il mio personalissimo parere, non sono state appositamente regolamentate dal Governo) riguardano altre attività NON ESPRESSAMENTE VIETATE e, quindi, consentite.
Non è stato specificato se si possono raccogliere i funghi;
non è stato specificato se è praticabile l’attività venatoria;
non è stato specificato se è praticabile la pesca (sia essa subacquea o di superficie);
e potrei dilungarmi oltre.
Per tutte queste attività, sempre secondo il mio modestissimo parere, la circostanza che non siano state vietate deve condurre a ritenere che siano tutt’oggi consentite.
E la domanda sorge spontanea: con il limite dello spostamento intercomunale?
Mi sento di rispondere ancora una volta utilizzando il buon senso: le attività anzidette, che per loro natura possono essere svolte nel rispetto dell’unico principio che sostiene la portata normativa del DPCM (lo ripeto se non fosse chiaro: la tutela della salute pubblica) ed ovvero INDIVIDUALMENTE nel pieno rispetto del DISTANZIAMENTO SOCIALE, dovrebbero preferibilmente ma non necessariamente essere svolte nel comune di residenza.
Ma chi posso infettare o come posso infettarmi se sono da solo, a caccia o a funghi? O addirittura sott’acqua? O a pesca sulla mia barca?
Concludendo e senza che questa personalissima lettura possa far sentire autorizzato qualcuno a violare le norme di comportamento poste alla base del DPCM, invito tutte le persone che ritengono di aver ingiustamente subito una contestazione ai sensi dell’ormai noto e pluricitato DPCM, a sottoporre la questione al proprio legale.
La libertà di tutti è limitata e sottoposta a restrizioni e tutti noi dobbiamo accettarlo, PURCHE’ LA LIMITAZIONE SIA REALMENTE PREORDINATA A LIMITARE IL CONTAGIO E NON LA NOSTRA VITA. Non anche tutte quelle libertà che sono state oggetto di guerre e ribellioni per essere oggi alla nostra portata e che, LO RIPETO, non possono in alcun modo essere soggiogate all’interpretazione di alcuno se, oggettivamente, svolte a rischio contagio zero.
Avv. Antonino Parisi Jr
Singolarme penso non facciamo rumore Uniti possiamo ottenere qualche chiarimento.
Credo che con un contributo di tutti (anche 10€ x ogni cacciatore )potremmo raccogliere i soldi x affrontare un ‘azione legale per far valere i nostri diritti.
Alla fine sarebbe il costo di una scatola di cartucce che non abbiamo usato in questi giorni di fermo.
Caro Francesco, il problema è molto più ampio e non riguarda solo la caccia. Certamente bisogna far valere i nostri diritti, soprattutto se si ritiene che vengano calpestati dietro la nobile “scusa” della salute pubblica.