Avevo concluso il mio precedente intervento sulla c.d. “zona rossa” con queste parole: La libertà di tutti è limitata e sottoposta a restrizioni e tutti noi dobbiamo accettarlo, PURCHE’ LA LIMITAZIONE SIA REALMENTE PREORDINATA A LIMITARE IL CONTAGIO E NON LA NOSTRA VITA. Non anche tutte quelle libertà che sono state oggetto di guerre e ribellioni per essere oggi alla nostra portata e che, LO RIPETO, non possono in alcun modo essere soggiogate all’interpretazione di alcuno se, oggettivamente, svolte a rischio contagio zero.
Ebbene il TAR Lazio in questa ordinanza (n° 7468/2020 pubblicata il 4.12.20) ha testualmente sancito che dal DPCM impugnato non emergono elementi tali da far ritenere che l’amministrazione abbia effettuato un opportuno bilanciamento tra il diritto fondamentale alla salute della collettività e tutti gli altri diritti inviolabili, parimenti riconosciuti e tutelati dalla costituzione.
I giudici amministrativi hanno altresì precisato che anche se la difesa erariale ne ha enfatizzato la temporaneità (dei DPCM – n.d.r.), nei fatti risultano avere sostanzialmente perso tale connotazione stante la rinnovazione con cadenza quindicinale o mensile – il Collegio ritiene che le numerose e complesse questioni, anche di illegittimità costituzionale, prospettate in ricorso richiedano l’approfondimento da effettuarsi nella naturale sede di merito.
In altri più spiccioli e compresibili termini, anche per chi non opera nel campo del diritto, ciò significa che le problematiche che sono state trattate nel precedente articolo meritano un approfondimento, evidentemente condiviso anche dalla compagine giudicante.
Un piccolo passo avanti verso la Giustizia, che non ha fatto molto scalpore nel mondo mediatico.
Avv. Antonino Parisi Jr